
Cos’hai tu in comune con la suocera di Pietro? Forse più di quanto immagini!
Oggi ti prenderò per mano e ti condurrò in un viaggio straordinario, attraverso il tempo e lo spazio, fino a una piccola casa affacciata sulle strade polverose di un villaggio di pescatori. È Cafarnao, dove abita Pietro. Preparati a entrare in una storia che parla anche di te.
Ecco il mio (in)solito commento a:
“È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato” (Lc 4,38-44)
Immagina il vento leggero che sfiora le foglie di ulivo, il sole che danza sulle onde del lago di Tiberiade, e il profumo del pesce appena pescato che si mescola all’odore del pane appena sfornato. Cafarnao, la città che sarebbe diventata la base del Maestro. Lì, tra reti arrotolate e barche tirate in secco, Simone – che presto chiameremo Pietro – Andrea, Giacomo e Giovanni hanno lasciato tutto per seguirlo.
Ma oggi le strade del villaggio non sono tranquille. È sabato e la sinagoga si è appena svuotata. L’aria è piena di voci: tutti parlano di quel giovane rabbì che ha letto le Scritture con un’autorità mai vista, e che con una sola parola ha scacciato un demone. La notizia corre di bocca in bocca. Gli occhi della gente brillano di stupore: “Chi è quest’uomo che persino agli spiriti impuri comanda e gli obbediscono?”.
Ed eccoci davanti a una casa semplice, modesta. Simone ci apre la porta. L’interno è fresco e accogliente, ma c’è un silenzio insolito. Nessun profumo di cibo, nessuna pentola sul fuoco. Ci spiegano che la suocera di Pietro è a letto, febbricitante. È una donna di casa, abituata a servire, ma oggi non ha nemmeno la forza di alzarsi.
Ed ecco Gesù. Non fa discorsi lunghi, non recita formule solenni. Si avvicina al letto, le prende la mano. Un gesto semplice, ma pieno di amore. E proprio in quel momento “la febbre la lasciò, ed essa si mise a servirli” (Mc 1,31). Non è solo una guarigione: è un incontro. È il segno che Dio entra nelle nostre vite non con fragore, ma con la dolcezza di una carezza.
Gesù non è un guaritore da spettacolo, non è un mago. È il Dio che si china su di noi, che ci rialza quando non abbiamo più forze. Non solo guarisce il corpo, ma tocca il cuore. Ti prende per mano, anche oggi, e ti invita a rialzarti, a credere che c’è sempre speranza, anche quando tutto sembra perduto.
E mentre la sera cala su Cafarnao, le folle lo cercano, lo seguono, vorrebbero trattenerlo. Ma Gesù dice: “È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato” (Lc 4,43). Perché il suo amore non ha confini, è per tutti.
Questa storia, apparentemente lontana, oggi si ripete. Come siamo entrati in quella piccola casa di Cafarnao, così Lui vuole entrare nella tua. Vuole guarire anche te, rialzarti, guardarti negli occhi e dirti: “Non temere, io sono con te”. Lascia che lo faccia. Aprigli la porta del tuo cuore.
Perché il vero miracolo non è solo la guarigione di un corpo, ma l’incontro con l’Amore che salva. #Santanotte
Alessandro Ginotta

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