Quando non “sentiamo” la fede, ma ci conformiamo ad un ideale sbiadito non riusciamo ad aprire del tutto la nostra anima alla pienezza dell’amore di Dio. Il mio in(solito) commento a:
Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? (Lc 16,9-15)
9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? 13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». 14I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. 15Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole.
Parola del Signore
Eh già… l’amministratore disonesto, che abbiamo incontrato ieri, continua a disorientarci anche oggi. Gesù racconta la sua storia di truffe e raggiri, prima per arricchirsi a spese del suo padrone, poi per ingraziarsi i debitori e cercare un nuovo lavoro presso di loro. Infine ci mette in crisi: “Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne” (v. 9). Che dice Gesù? Sembra quasi che voglia lodare la fantasiosa disonestà di quest’uomo. Ma non è proprio così:
Un po’ per la traduzione di questo testo lucano, un po’ per l’evoluzione di usi e costumi, ci viene davvero difficile riuscire ad entrare nello spirito di questa parabola. Proviamoci insieme: se venisse licenziato, l’amministratore disonesto rischierebbe di finire in mezzo ad una strada, a fare il mendicante od il bracciante. Così, la scaltrezza gli suggerisce di ricorrere ad un espediente che, seppur penalizzandolo, gli consentirà di mantenere l’incarico.
Perché penalizzandolo? Non abbiamo detto che costui aveva derubato il suo padrone? Sì, ma in qualche misura, nella seconda metà del racconto, quest’uomo restituisce una parte del “maltolto”.
Dovete sapere, cari amici, che ai tempi di Gesù, gli amministratori non avevano uno stipendio. Erano considerati come una sorta di “intermediario” ed, essi stessi, si ritagliavano un compenso sulle transazioni. Ma, visto che spesso erano proprio gli amministratori, gli unici a saper far di conto, poteva capitare che, a fronte di una consegna di cinquanta barili d’olio, ne venissero fatturati addirittura cento… (e la metà dell’incasso veniva trattenuta dall’amministratore disonesto), oppure che ottanta misure di grano venissero pagate come cento… quello dell’ingordigia è un demone che ha sempre fame.
Il nostro amministratore disonesto ha deciso di dire basta con la scorrettezza: restituirà quanto ha truffato ai clienti del suo padrone riducendo autonomamente l’importo dei debiti. Eccola la “ricchezza disonesta” di cui ci parla Gesù. Non è una conversione “bella” come quella di Zaccheo (cfr. Luca 19,1-10), non c’è un pentimento completo come nel buon ladrone (cfr. Lc 23, 39-4) e, a ben guardare, non c’è neppure quella scintilla dell’anima che ci trasforma dentro. No, quella dell’amministratore è una scelta utilitaristica.
Quante volte, amici cari, anche noi abbiamo a che fare con piccole o grandi ricchezze disoneste? Quante volte decidiamo di comportarci “bene” non perché spinti dalla nostra morale o dalla nostra anima, ma soltanto per una logica di calcolo? Quando non “sentiamo” la fede, ma ci conformiamo ad un ideale sbiadito, più per sembrare coerenti con l’idea che gli altri si son fatti di noi, che per seguire lo slancio della nostra anima, non riusciamo ad aprire del tutto la nostra anima alla pienezza dell’amore di Dio.
Eppure Dio sa scrivere bene anche sulle righe storte. Ed ecco che, quella che nasce come soluzione di comodo, si può trasformare in salvezza per i debitori vessati. E un po’, amici cari, ci insegna che anche noi possiamo sempre “cambiare il male con il bene” restituendo quanto abbiamo indebitamente riscosso. Compiendo altre opere buone. Per rendere gli altri più felici. Per fare loro del bene. Per trasformare il nostro cuore e aprirlo, finalmente, al grande amore di Dio!
E… se non sappiamo come aprire il nostro cuore al suo amore, lasciamo fare a Lui, Dio, amore puro. Lasciamolo entrare dentro di noi ed operare meraviglie!
Alessandro Ginotta
Il dipinto di oggi è: “L’ultima Comunione di San Girolamo” (dettaglio con Gesù) di Rafael Tegeo Díaz, 1829, olio su tela, 778×440 cm, Museo del Prado, Madrid
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