Perché è il nostro cuore che si deve convertire. Non l’etichetta applicata alla nostra fede
Il mio in(solito) commento a:
Ti seguirò ovunque tu vada (Luca 9,57-62)
“Ti seguirò ovunque tu vada” è il grido che lancia uno sconosciuto ai bordi di una strada al passaggio di Gesù. Ma è davvero così? Siamo davvero pronti a seguire Gesù?
“Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (Luca 9,51). Chissà quale turbinio di emozioni affollava la mente di Gesù. Egli sapeva che, andando a Gerusalemme, avrebbe firmato la propria condanna a morte. Sapeva che sarebbe stato catturato, percosso, deriso, umiliato, crocifisso, assassinato. Eppure mantiene fede al suo proposito. Perché sapeva che la nostra salvezza, quella di tutti noi, dipendeva da quella decisione. La sua missione era questa: venire in mezzo a noi, amarci, insegnarci ad amare e, per amore, dare la vita per noi, per poi risorgere ed aprire definitivamente l’orizzonte della nostra fede!
Quanto è difficile prendere una decisione? Quanto è complicato mantenersene fedeli? É facile, in uno slancio, aprirsi a dichiarazioni solenni come: “Ti seguirò ovunque tu vada” (cfr v. 57). Poi arrivano le difficoltà e noi ci tiriamo indietro. Non è così?
Eppure Gesù ci apre gli occhi: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (v. 58). É dura e piena di insidie la vita del cristiano: «metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome» (Luca 21,12). No. Non è comoda e non è facile l’esistenza di chi vuole mantenersi fedele ai propri principi. Ogni giorno si rischia di inciampare. Di cedere. O di finire derisi, vituperati, feriti perfino nel corpo. Ma, se ci manterremo saldi: «Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime» (Luca 21,19). Gesù non ci promette una casa confortevole, una vita agiata e senza problemi, ma ci offre un futuro con Lui. Un futuro in cui la nostra testimonianza salverà molte anime. Un domani in cui saremo noi a fare del bene.
Però bisogna agire. Non c’è tempo per voltarsi indietro. Perché: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (v. 62). Anche noi dobbiamo prendere una ferma decisione. Una decisione che si chiama conversione.
Quando parlo di conversione, talvolta, mi sento rispondere: “ma io non mi devo convertire, sono già cattolico!?”. Ebbene, non c’è risposta peggiore di questa. Perché è il nostro cuore che si deve convertire. Non l’etichetta applicata alla nostra fede. A nulla serve tatuarci crocifissi sulla pelle, se poi noi non siamo disposti a portare il peso di quella croce, proprio come fece Gesù. Quel che voglio dire è che si può essere cristiani di facciata, avere un bel certificato di Battesimo, ma contemporaneamente non essere cristiani dentro. Perché non seguiamo i principi che ci ha indicato Gesù, perché non riusciamo ad amare il prossimo, o non riusciamo a perdonarlo.
Ecco che, in molti, ci scopriremo bisognosi di conversione. Anche se andiamo a Messa la domenica. Perché non basta definirsi cristiani, ma bisogna vivere da cristiani. Bisogna saper andare dritti per la strada che ci ha indicato Cristo, senza piegare dall’una o dall’altra parte, perché il sentiero “sembra” più comodo. Bisogna non aver paura di rinunciare alle comodità quando è richiesto un nostro servizio (ahi, quanto pesa, lo so bene!). Bisogna prendere la ferma decisione di diventare noi stessi pagine viventi di Vangelo ed incarnare la Parola in ogni nostro gesto, in ogni azione, in ogni pensiero. Solo così, seguiremo bene Gesù!
#Santanotte amici. Dio ci doni la forza, il coraggio, la tenacia e la perseveranza, di seguire la Parola, di vivere la Parola, di testimoniare la Parola in ogni momento della nostra vita!
Alessandro Ginotta
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