Pochi avranno il coraggio e la volontà di arrivare fino in fondo a questo messaggio. Ma quei pochi potranno capire come non è cercando di sfuggire alle difficoltà che ne verremo fuori, ma…
Il mio in(solito) commento a:
Chi non prende la croce non è degno di me. Chi accoglie voi, accoglie me (Matteo 10,37-42)
Qualche volta il Vangelo ci sorprende con parole dure, come accade in queste righe che ci mettono di fronte alla nostra responsabilità: “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” (vv. 38-39).
Molto (troppo) spesso nelle nostre vite scegliamo la scorciatoia comoda del disimpegno: quando la situazione diventa difficile preferiamo uscirne. Così si sgretolano le famiglie, si disgregano le associazioni, si sfalda la politica e, poco alla volta, si indebolisce l’intera società. Tiriamo i remi in barca, smettiamo di lottare, cessiamo di impegnarci per difendere e perfino per coltivare i valori in cui crediamo (o in cui un tempo abbiamo creduto). Le chiese sempre più vuote, l’astensionismo alle urne, il “lascia che siano altri ad occuparsene”, il venir meno di ogni impegno in ogni campo, ma perfino di ogni stimolo a perseguire un bene che non sia il proprio tornaconto personale, sono tutti sintomi diffusi di una malattia che sta minacciando seriamente il futuro dell’umanità.
Basta voltare qualche pagina (neppure troppe) dei libri di storia per rendersi conto di quanto si sia deteriorato il mondo che ci circonda. “Ich bin ein Berliner” (sono un berlinese): proviamo a rileggere le parole pronunciate da John Fitzgerald Kennedy nella Berlino del 1963. “I have a dream” (io ho un sogno): riguardiamo il discorso tenuto da Martin Luther King Jr. il 28 agosto dello stesso anno. Riascoltiamo l’appello “agli uomini liberi e forti” di don Luigi Sturzo del 1919. Sono tre esempi, ne potrei citare molti altri. Per caso si tratta di testi già così troppo lontani da averne perduto la memoria? Credo (e spero) di no. Però proviamo ad immaginare chi, nel 2023, potrebbe esprimere contenuti altrettanto coraggiosi, grondanti di impegno e ricchi di valori?
Il virus del disimpegno, del disinteresse, dell’indifferenza, si è diffuso a poco a poco a cavallo dei due millenni ed ora ha colpito la maggior parte del mondo che conosciamo. Il filosofo polacco Zygmunt Bauman parla di società liquida: tutto dai rapporti di lavoro (pensiamo ai contratti a tempo determinato, al precariato, alla sempre più diffuso fenomeno delle dimissioni volontarie…), alle relazioni affettive che vengono troncate così facilmente dal perdere valore, al rispondere ad una vocazione o, ben più semplicemente, al legarsi ad una realtà associativa, viene considerato un fardello troppo grande e pesante da trasportare, per cui si sceglie di troncare. Di non impegnarsi. Di non provarci neppure.
Qual è la causa di tutto questo? Il male. Come sempre. Il male che ispira in ciascuno di noi l’idea della troppa fatica. Il male che ci allontana dai principi e dai valori che l’umanità ha sempre inseguito. E lo fa per distruggerci, per schiacciarci. Ma il male non sa che le tenebre non prevarranno! (cfr. Matteo 16,17-19).
Non dobbiamo aver paura di prendere la nostra croce sulle spalle e ricominciare a camminare. Perché non c’è modo di evitare il dolore della nostra vita se non quello di cavalcarlo. Così al desiderio di scendere dalla croce dobbiamo contrapporre con coraggio l’invito di Gesù a caricarcela sulle nostre spalle e continuare a camminare.
Gesù non è sceso dalla propria croce, ma restandovi sopra ha vinto anche la morte! Ci chiediamo perché un Dio che poteva restare a godersi le sue comodità nei cieli, abbia deciso di scendere sulla terra. Di incarnarsi e vivere un’esistenza difficile. Una vita in mezzo agli ultimi, nascendo in una mangiatoia, al freddo ed al gelo. Rischiando ripetutamente la propria vita, fino a perderla per noi. Un Dio che fa questo per amore, non può non amare le proprie creature. E così Gesù si è fatto carne per camminare in mezzo a noi. Si è fatto uomo per vivere in mezzo a noi. Per salvarci. Per guarirci. Per liberarci dal male. Per portarci a vivere insieme a Lui.
No. Gesù non è sceso sulla terra per dare una pacca sulle spalle ai migliori, ma per restare più vicino a chi ne ha bisogno, a chi soffre e si lamenta, a chi cerca luce lontano da Lui. Questo il buon esempio da seguire, non rincorrere la società liquida (e vuota) del mondo di oggi. #Santanotte
Alessandro Ginotta
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