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Che fine ha fatto Dio?

Che fine ha fatto Dio?

Avevamo sperato. Per millenni le pagine della Bibbia ci hanno preparato all’arrivo del Messia, annunciato, atteso, sperato. Finalmente arrivava il Salvatore, colui che avrebbe ridotto al silenzio gli oppressori liberando gli oppressi. La giustizia avrebbe trionfato.

Immaginiamo lo stato d’animo di discepoli e popolo di Israele alla vista del Salvatore crocifisso. Inerme, sanguinante, ferito, denudato, offeso e torturato appeso ad una croce in mezzo ai malfattori. È una visione che ci spiazza ed alla quale non siamo preparati. Pensiamo che Dio sia onnipotente (e lo è!), crediamo che Dio venga a ristabilire la giustizia, invece… trova la condanna e la morte. Come si spiega tutto ciò? Che fine ha fatto Dio?

Sembra che la storia vada avanti deridendo chi si ostina a sperare. Chi non ha sperato, per esempio, in una politica più trasparente e più attenta al bene comune? Chi non ha sperato in una società meno violenta, in un comportamento civile meno corrotto o in una convivenza più pacifica? La tentazione nei momenti di stanchezza, quando le speranze crollano, è anche per noi quella di rientrare nelle nostre case, di chiuderci nei nostri piccoli problemi, di non guardare in faccia agli altri. Di rinunciare a credere e addirittura di non sperare più. Abbiamo l’impressione che l’oscurità abbia il sopravvento e cancelli la luce. Eppure il Vangelo è buona notizia. È parola di speranza. Ma di quale speranza ci parla un Dio crocifisso e deriso?

Un testo che risale al 550-539 a.C. ben introduce la figura messianica di Cristo (sì, cinque secoli prima di Cristo) evocandone sorprendentemente le caratteristiche con uno sguardo sorprendentemente profetico:

«Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli».

(Isaia 52,13-53,12)

Capiamo così che Antico e Nuovo Testamento si fondono nella figura docile e amorevole di Cristo che, dall’alto della croce, sconvolge tutti i nostri piani.

Le prospettive di Dio sono completamente diverse dalle nostre: è Altissimo, incommensurabile, onnipotente, grandissimo, eppure si fa così piccolo e fragile per noi: «Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (Luca 2,7). Ma com’è “strano” questo Dio!? Il suo modo di agire è così diverso dal nostro che ci risulta difficile comprenderlo. Ci chiediamo perché un Dio che poteva restare a godersi le sue comodità nei cieli, abbia deciso di scendere sulla terra. Di incarnarsi e vivere un’esistenza difficile. Una vita in mezzo agli ultimi, nascendo in una mangiatoia, al freddo ed al gelo. Rischiando ripetutamente la propria vita, fino a perderla per noi. Un Dio che fa questo per amore, non può non amare le proprie creature. E così Gesù si è fatto carne per camminare in mezzo a noi. Si è fatto uomo per vivere in mezzo a noi. Per salvarci. Per guarirci. Per liberarci dal male. Per portarci a vivere insieme a Lui. 

E qui abbiamo un altro annuncio: quello della Croce. Perché l’amore più alto di Dio lo si scopre nel punto più basso dell’uomo: la Croce, a cui le creature hanno impietosamente inchiodato il Creatore. Un altro ribaltare della prospettiva: il piccolo che diventa grande, l’umile che viene esaltato, il potente che viene rimandato indietro a mani vuote.

È la Croce il punto di contatto: il luogo in cui il re dei re, destinato a regnare senza fine, diventerà servo, è lo stesso luogo in cui il servo acquisterà la dignità di amico: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Giovanni 15,15).

Tutto un Vangelo condensato in queste poche righe. No, Dio non ha bisogno di occhiali nuovi, siamo noi a dover cambiare il punto di vista. Dio non è un vendicatore od un giustiziere. Dio non viene a giudicare, ma per amare. E quando si fa buio nel nostro cuore, pensiamo a Gesù. Perché Lui è qui, a soffrire con noi. A sostenerci con le sue braccia forti. Perché é proprio nei momenti più bui che Egli si fa luce! #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Cristo di San Giovanni della Croce” di Salvador Dalì, 1951, olio su tela, cm 205×116, Kelvingrove Art Gallery and Museum di Glasgow, in Scozia.

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