Il futuro ultimo sarà di luce, non di tenebra. Sarà d’amore, non di odio. Sarà di pace, non di conflitto. Sarà con Dio, non senza Dio. Chi di noi conosce il significato del termine Vangelo?
Il mio in(solito) commento a:
Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto (Luca 21,12-19)
Graffiano come la cartavetro le letture che troviamo in questa ultima settimana che precede l’Avvento. Sono pagine che ci preparano alla fine dei tempi, ad un passaggio di tribolazione, che però lascia intravvedere una speranza. Sì, perché Vangelo è sempre la “Buona Novella”, la buona notizia. Voi sapete, amici, che io ripeto sempre che il Vangelo deve essere spiegato con “parole semplici” e cerco il più possibile di evitare termini greci e latini, proprio perché la Parola deve essere alla portata di tutti. Ma la pagina di oggi merita un’eccezione:
Il termine “Vangelo” deriva dal latino evangelĭum, che, a sua volta, proviene dal greco euanghélion. E, sapete come si può tradurre il termine euanghélion? Si tratta di un vocabolo composto da eu– ‘bene, buono’ e un derivato di ánghelos ‘messaggero’. Vi ricorda nulla questa parola? Anghelos, sì, proprio angelo! Il messaggero di Dio. Visto come si stringe il cerchio, amici cari?
Dunque Vangelo, questo messaggio divino, al pari dell’angelo, messaggero di Dio, è buono. Ma se la notizia è buona, perché parlare di sofferenza, di distruzione e morte? Eppure Dio ha già dimostrato di saper scrivere bene perfino sulle righe storte e sa trasformare, quello che sembra una sconfitta, la morte in croce, in un trionfo: la Risurrezione.
L’immagine di Gesù in croce è quella di uomo sconfitto: patisce, è tradito, è schernito, è offeso ed infine muore. Sembra la fine di tutto. Anche i discepoli, uno ad uno, se ne andranno con la coda tra le gambe. Ci siamo illusi. Dio è morto.
Invece no! La passione di Gesù non è un incidente, la sua morte – quella morte – era scritta. E’ sempre stata nel disegno del Padre. Così la Risurrezione rappresenta l’intervento di Dio là dove s’infrange la speranza umana: il momento nel quale tutto sembra perduto, il tempo del dolore nel quale tante persone sentono come il bisogno scendere dalla croce, è il momento più vicino alla Resurrezione.
Ed è la stessa cosa che accadrà anche a noi. Ci sarà un tempo di sofferenza e tribolazione, ma questo tempo non sarà un traguardo, bensì soltanto un passaggio. Qualcosa che non siamo in grado di capire, ma che, se avremo fede, avrà un termine ed un punto d’arrivo ben diverso: la nostra risurrezione, il nostro vincere, attraverso Gesù, perfino la morte. E, giunti a quel punto, dopo il passaggio doloroso, nulla più ci potrà nuocere, nulla più ci potrà far temere. Perché vivremo, sì, vivremo! Insieme a quel Dio che tanto ci ha amato, e che, come leggiamo nell’Apocalisse, vivrà in mezzo a noi e ci illuminerà con la sua luce, proteggendoci da ogni male: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Apocalisse 21, 3-4).
Il futuro ultimo sarà di luce, non di tenebra. Sarà d’amore, non di odio. Sarà di pace, non di conflitto. Sarà con Dio, non senza Dio.
Letta sotto questa “luce”, anche la pagina di oggi acquista un altro sapore: «Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome» (v. 12). E ancora: «Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (v. 16). Ma… «io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere» (v. 15) e: «Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (v. 18). Eccola la buona notizia: nonostante la sofferenza, alla fine ci salveremo.
Scrive San Giovanni: “La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Giovanni 16,21).
Così sarà il tempo che sta per venire: un dolore intenso, ma un “dolore bello”, perché porterà via, con sé, ogni sofferenza. E’ come se tutto il male ci dovesse scorrere addosso: tutto il male che abbiamo commesso, tutto quello che è stato operato da mani assassine attorno a noi, dittatori, tiranni, uomini corrotti, criminali, tutto il male fatto da noi, insieme al male che si è verificato perché noi, e tutti gli altri attorno a noi, non abbiamo fatto qualcosa. Perché si può compiere il male anche non facendo niente. Semplicemente negando il nostro aiuto a chi ne avrebbe bisogno. Voltandoci dall’altra parte. Rifiutandoci di denunciare un’ingiustizia perché temiamo le conseguenze del nostro gesto.
Quanto male si è accumulato in millenni di storia? Lo possiamo solo lontanamente immaginare. Ebbene, amici cari, io sono convinto che tutto quel male ci pioverà addosso e lo dovremo sentire, goccia dopo goccia, tutto quanto. Per renderci conto di quanto dolore abbiamo provocato. Per farci capire quanta sofferenza abbiamo generato. Per un istante scorrerà attorno a noi tutto il male del mondo.
Ma non sarà una punizione! Oh no! Al contrario, sarà un purificarci. Un farci provare il dolore, un po’ come una donna lo sperimenta nel momento del parto. Non vi spaventate, amici cari, perché in mezzo a tutto questo dolore, potremo rimanere forti. Forti di più cose. La prima è che Dio ci ama. E continuerà ad amarci anche nel momento terribile che dovremo attraversare. Anzi, accanto a noi, a prendere su di sé le sofferenze che ci scorreranno addosso, ci sarà proprio Lui: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,20). Il suo amore è per noi. Lo è stato ieri, lo è oggi e lo sarà anche domani.
La sofferenza che vivremo sarà il passaggio necessario, doloroso come il travaglio del parto, verso una nuova nascita, che dona gioia. E’ qualcosa che ci lava, ci purifica, ci permette di andare avanti, verso quella Luce che è Dio. Verso la sorgente dell’Amore eterno ed infinito.
Non sappiamo quando quel Giorno arriverà. Forse domani, forse tra uno, dieci o cento anni, o forse addirittura centomila e anche più in là. Ma una cosa è certa: dobbiamo smettere ora (!) di fare il male (e di non operare il bene).
Perché tutto il male che non faremo, non ci colerà addosso in quell’ultimo Giorno. Ultimo del nostro tempo. Ma primo del tempo che verrà! Gesù ci ama, e sarà con noi per sempre!
#Santanotte amici. Qualsiasi cosa accadrà, conserviamo la fede e la fiducia in Dio. Perché Egli ha già vinto la morte e, prima di noi, ha raggiunto quella città in cui vivremo in pace, perché, come scrive San Paolo: “Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo” (1Corinzi 15, 21-22). Dio sia sempre la vostra luce!
Alessandro Ginotta
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