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L’Annunciazione in due insoliti racconti

Annunciazione

Un’Annunciazione vista con gli occhi di Gesù ed una attraverso quelli di Maria sono i due ingredienti di un decisamente in(solito) commento a:

Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce (Luca 1,26-38)

Oggi vorrei attingere al patrimonio di antichi manoscritti che, pur non essendo inseriti nei canoni biblici, costituiscono l’ossatura della tradizione popolare della Chiesa, per presentarvi due racconti curiosi ed assolutamente originali. Come sempre, l’avvertenza è di leggere questi testi con lo stesso spirito distaccato con il quale ci approcceremmo ad un romanzo. Non possiamo, infatti, avere la certezza che i fatti narrati siano reali ma, forma e datazione, hanno sollecitato l’interesse di numerosi studiosi. D’altra parte, negli stessi Vangeli troviamo: “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro” (Giovanni 20,30). E ancora: “Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere” (Giovanni 21,25).

Il primo manoscritto, di cui vi parlerò oggi, è intitolato: “Lettera degli Apostoli”, rinvenuta nel 1919 dallo studioso Carl Schmidt. Si tratta di un testo scritto in lingua copta ed etiopica tra il 130 ed il 170 d.C. che raccoglie una serie di dialoghi tra Cristo Risorto e gli apostoli nei primissimi giorni successivi alla Risurrezione:

“Quand’io, dal Padre di ogni cosa, ero in procinto di scendere quaggiù – E’ appunto Gesù Risorto che parla – mi trovai nei cieli con gli arcangeli e gli angeli, quasi fossi uno di loro. Michele, Gabriele e Raffaele mi hanno seguito fino al quinto firmamento, pensando che io fossi uno di loro. Il Padre mi aveva dato il potere di questa natura, io infatti divenni tutto in ogni cosa, per poter portare a termine le disposizioni del Padre… e la gloria di Colui che mi ha mandato, e per fare ritorno a Lui”. Notate anche voi, amici cari, quanto ricordi il Vangelo di Giovanni? “Sono uscito dal Padre, sono venuto nel mondo, ora lascio il mondo e ritorno al Padre” (Giovanni 16,28).

“Voi sapete – prosegue Gesù nella Lettera degli Apostoli – che l’angelo ha dato l’annunzio a Maria. In quel giorno, appunto, io presi la figura dell’arcangelo Gabriele, apparvi a Maria e parlai con lei. Il suo cuore mi accolse e lei credette”. Vorrei sottolineare quest’ultima frase: “Il suo cuore mi accolse e lei credette”. Di nuovo abbiamo una eco del Vangelo di Giovanni: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio” (Giovanni 3,17-18).

Prima di tutto Cristo desidera la nostra fede: “accogliere e credere”. Quando rifiutiamo di credere a Dio, ci condanniamo con le nostre stesse mani, perché rinunciamo al dono gratuito della salvezza che ci offre Gesù. Sì, cari amici, avete capito bene: la salvezza è gratis, né si vende, né si acquista. Si tratta di accettare l’offerta che ci fa Gesù. Farlo entrare dentro di noi, sotto forma di Parola, farlo crescere, maturare e portare frutto. Diventare noi stessi un esempio per tutti quelli che ci stanno accanto. Seminare con altruismo. Ecco come si ottiene la salvezza, che non è tanto un fare, ma un accettare.

Gesù chiede, anche a noi, di diventare come Maria: scrigni che contengono la sua Parola. Eccola, la nostra annunciazione: dobbiamo diventare noi stessi pagine viventi di Vangelo!

La seconda narrazione viene fatta da Maria agli Apostoli, dopo la Pentecoste. E’ un brano tratto dal “Vangelo di Bartolomeo” un testo apocrifo del III secolo d.C. che probabilmente è costruito da frammenti più antichi: “Quando ero nel tempio di Dio e ricevevo il cibo dalla mano di un angelo, mi apparve un giorno una visione come di un angelo, ma il suo aspetto era incomprensibile e nella sua mano non aveva né cibo né bevanda.

Improvvisamente si squarciò il velo del tempio, ci fu un gran terremoto ed io caddi bocconi. Ma egli stese sotto di me la sua mano e mi rialzò; guardai verso il cielo e venne una nube di rugiada sul mio volto. L’angelo mi asciugò con il suo manto e mi disse: «Gioisci, piena di grazia, vaso di elezione!». Diede un colpo con la mano destra ed apparve un pane grandissimo che egli pose sull’altare del tempio: ne mangiò prima lui, poi ne diede anche a me. Diede poi un altro colpo con il lembo sinistro del suo vestito ed apparve un calice strapieno di vino: ne bevve prima lui e poi ne diede anche a me; guardai e vidi un calice pieno e del pane. In seguito mi disse: «Tu concepirai un figlio per mezzo del quale sarà salvata tutta la creazione. Tu sarai il calice del mondo. Pace a te, mia diletta. La mia pace sarà con te per sempre»”.

Di nuovo Giovanni: «Rimanete in me e io in voi». (Giovanni 15, 4).

Così è il seme della Parola. Entra dentro di noi, mentre ascoltiamo la Santa Messa, oppure mentre leggiamo un brano di Vangelo. Noi non ce ne accorgiamo, ma la Parola, una volta dentro, inizia a lavorare dentro di noi. Silenziosamente costruisce ponti e strade nuove nella nostra coscienza. 

E poi, al momento opportuno, magari giorni, magari mesi o anni dopo, matura un frutto nutriente ed appetitoso. Il buon frutto della Parola di Dio. E noi diventiamo capaci di superare un determinato ostacolo, oppure di aiutare un amico che proprio in quel momento ha bisogno. 

Un seme piccolo piccolo, come un granello di senape, che entra dentro di noi e silenziosamente cresce, fino a fruttificare. Certo, di tanto in tanto, nella nostra anima anziché terreno fertile, trova rovi e spine. E allora magari quel seme non riesce a produrre frutto. Ma Dio non ci lascia senza semi. Perché Lui nutre una fiducia cieca in noi, ed in Lui non muore mai la speranza che un sasso si tramuti in terreno fertile. Così non ci farà mancare altre Parole, che entreranno via via, e certo, una o l’altra, anche in mezzo ai rovi, riuscirà a germogliare. Dio si annuncia a noi in molti modi #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è:
Il dipinto di oggi è: “L’Annunciazione”, di Philippe de Champaigne, 1644, olio su tavola, 71.1 x 73 cm, The Metropolitan Museum of Art, New York

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