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In carcere il Premio Castelli: la solidarietà che aiuta ad essere liberi dentro.

In carcere il Premio Castelli: la solidarietà che aiuta ad essere liberi dentro.

Sono state davvero forti le emozioni vissute lo scorso 6 ottobre nella Casa di Reclusione Due Palazzi di Padova durante la cerimonia conclusiva del Premio Carlo Castelli. Promosso dalla Società di San Vincenzo De Paoli con la collaborazione del Ministero della Giustizia ed il patrocinio di Camera e Senato, il prestigioso concorso letterario riservato ai detenuti delle carceri italiane è giunto alla sua decima edizione.

E i protagonisti erano proprio loro: i reclusi, che hanno avuto l’opportunità di salire sul palco, leggere le proprie opere e chiedere un carcere che sia più a misura d’uomo. Un appello che è risuonato anche nelle parole del dott. Antonio Gianfico, Presidente Nazionale della Società di San Vincenzo De Paoli, che ha auspicato con fermezza una detenzione capace di creare un percorso riabilitativo, e non solo punitivo.

In carcere il Premio Castelli: la solidarietà che aiuta ad essere liberi dentro.

Si conclude un ciclo di dieci edizioni, ma se ne apre un altro: “dal prossimo anno – ha aggiunto il Presidente – coinvolgeremo ancora di più i detenuti affinchè con le loro testimonianze producano frutti non solo all’interno del carcere, ma anche all’esterno. Ci aiuteranno a fornire alle famiglie utili consigli per prevenire il crimine. In questo modo proprio chi ha sbagliato e si è pentito potrà aiutare gli altri a non cadere nella spirale del male e a non autocondannarsi ad un’esistenza fatta di sbarre e privazione della libertà”.

Un ruolo pedagogico del carcere che non deve essere soltanto punitivo: “le statistiche ufficiali ci mostrano – ha proseguito – che chi sconta la pena senza avere opportunità di dedicarsi ad attività, studiare o lavorare, recidiva di più. E’ dell’80% la percentuale di chi, dopo un periodo di detenzione, torna a commettere un reato. Al contrario chi usufruisce di pene alternative e di programmi esterni, più difficilmente tornerà a delinquere. In questi casi la recidiva scende anche sotto il 20%”.

In carcere il Premio Castelli: la solidarietà che aiuta ad essere liberi dentro.

Il Due Palazzi di Padova si colloca tra le strutture che sono più attente a questi aspetti. All’interno vi troviamo un teatro, una biblioteca, cinque officine e cinque laboratori, tra cui la Pasticceria Giotto, riconosciuta come una tra le migliori in Italia. Un bel modo di lavorare ed impegnarsi e produrre qualcosa che sia buono non soltanto per il palato, ma anche per l’anima. Un grande passo sulla via del riscatto.

Il premio

Sono oltre 230 gli elaborati pervenuti alla giuria. Tra questi dieci sono stati segnalati e raccolti nell’antologia: “Esercizi di Libertà”, insieme alle prime tre opere premiate. La formula del concorso è particolare, perché si basa sulla solidarietà nella condivisione dei premi che vengono suddivisi tra il vincitore e una buona causa nel sociale, per permettere a chi ha sbagliato nella vita di riscattarsi offrendo un contributo alla società.

Il primo classificato si chiama Alberto. “Tra poco mi rimetteranno le manette” ha sussurrato scendendo dal podio dopo aver ritirato il premio. Mentre pronunciava queste parole il suo viso appariva illuminato da un ampio sorriso. Parrebbe un ossimoro, ma fissando gli occhi nei suoi si potevano leggere nitide le emozioni. Si poteva scorgere la sua felicità scivolare su uno strato ruvido ed arrugginito fatto di dolore per la consapevolezza del suo gesto: “queste mie mani – ha ammesso al microfono parlando davanti a tutti – sono sporche di sangue e ci devo fare i conti ogni giorno”. Alberto adesso è diverso. Il percorso che sta conducendo lo sta rendendo un uomo nuovo. Un uomo che – oggi – mai avrebbe pensato di commettere quel gesto. E’ importante che proprio questo messaggio esca dal carcere ed aiuti chi rischia di scivolare nell’errore ad evitarlo.

In carcere il Premio Castelli: la solidarietà che aiuta ad essere liberi dentro.

Il suo percorso prosegue. Il 6 ottobre, per la prima volta è potuto uscire dal penitenziario di Como, dove è rinchiuso da molti anni. Per qualche ora ha potuto vivere in mezzo a tante persone giunte dall’esterno per assistere alla premiazione. Sotto lo sguardo discreto della scorta che lo ha accompagnato, ha stretto mani ed ha abbracciato amici. Un bell’esercizio di libertà. Perché, ha dichiarato: “non è importante quando esci dal carcere ma come esci”.

Il Convegno

“Esercizi di Libertà” è anche il titolo del Convegno che si è tenuto nel pomeriggio al quale hanno partecipato vittime di reati come Agnese Moro, figlia dello statista assassinato nel 1978 e Lucia Annibali, vittima di una grave aggressione; Marco Ruotolo, professore di Diritto Costituzionale presso l’università Roma Tre; padre Guido Bertagna, sacerdote della Compagnia di Gesù sempre attento ai problemi del carcere; Ornella Favero, giornalista da sempre impegnata nel volontariato carcerario e direttrice della Rivista Ristretti Orizzonti; il Presidente della Giuria del Premio Luigi Accattoli, giornalista e scrittore; Claudio Messina, responsabile del settore Carceri della Società di San Vincenzo De Paoli e anima del Premio Castelli. Insieme a loro ed ai detenuti che hanno portato le loro testimonianze, in rappresentanza delle autorità hanno partecipato Cosimo Maria Ferri, Sottosegretario alla Giustizia; Roberto Piscitello, Direttore Generale DAP detenuti e trattamento; Enrico Sbriglia, Provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria; Ottavio Casarano, Direttore del carcere di Padova; Marco Ruotolo, professore di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre.

In carcere il Premio Castelli: la solidarietà che aiuta ad essere liberi dentro.

E la libertà è anche quella da un passato che inghiotte la vita. “A me direttamente non è stata fatta una violenza, ma è stata fatta alla persona a me estremamente cara, e lascia dei segni, e anche lì c’è in qualche modo un impoverimento e una perdita di libertà”. Sono le parole di Maria Agnese Moro, che ha proseguito: “L’anno prossimo saranno 40 anni dalla morte di mio padre, un tempo lunghissimo. A volte io stessa non riesco nemmeno a rappresentare davvero 40 anni, ho passato 25 anni con mio padre e 40 senza”. Ci sono ferite che non guariranno mai, ma occorre superarle. Metterle in qualche modo da parte. Perché continuare a restare focalizzati sul passato rischia di togliere la libertà al presente. E’ stato l’amore verso la famiglia, ed in particolare verso i tre figli, a spingere Maria Agnese verso il perdono, un perdono che è sempre difficile perché: “tu non puoi di colpo amare le persone che ti hanno fatto del male, però puoi dire basta, e questo basta ha delle conseguenze positive”. La libertà di poter smettere di odiare e ricominciare ad amare pienamente i propri cari. Ecco un altro bell’esercizio di libertà.

In carcere il Premio Castelli: la solidarietà che aiuta ad essere liberi dentro.

Ristretti, vittime, volontari e persone esperte di pena, tutti raccolti attorno ad uno stesso tavolo per tentare di comprendersi, di dialogare, di fare un passo avanti. Un grande successo per la X edizione del Premio Carlo Castelli.

Alessandro Ginotta

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