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Che cos’è la discesa agli inferi?

Esiste l'aldilà?

Il Sabato Santo è il giorno del silenzio, detto anche delle “campane legate” perché un tempo i battacchi delle campane venivano legati per impedire loro di suonare. Il corpo di Cristo senza vita (o forse no) è rinchiuso nel sepolcro e tutta la Chiesa resta in attesa. È l’unico giorno in cui non si celebra l’Eucarestia. Le Chiese orientali però, il Sabato Santo festeggiano la discesa agli inferi di Gesù. Un fatto che troviamo anche nel Simbolo degli Apostoli. Vediamo in che cosa consiste la discesa agli inferi?

Il mio in(solito) commento a:
Passione del Signore (Giovanni 18,1- 19,42)

Amici cari, ormai vi ho abituati a portarvi con me vicino a Gesù, con gli occhi della fantasia. Oggi proviamo a raggiungere, per un istante, il monte Calvario, nel momento più buio del mondo. Guardate quelle nubi minacciose e scure che si addensano all’orizzonte. Ascoltate il rombo del tuono, che si fonde con il rumore della terra che si spacca e trema sotto ai nostri piedi. Massi pesanti rovinano lungo i pendii. Il mondo intero sembra unirsi in un singolo, atroce, gemito di dolore. Guardiamo negli occhi queste persone che, a vario titolo, sostano sotto la Croce: la Vergine Maria ha il volto rigato dalle lacrime. Maria di Clèofa, Maria di Màgdala e San Giovanni non riescono proprio a staccare i loro occhi sgomenti da Gesù. Mentre tutti gli altri, legionari, gente comune, notabili, scribi e farisei appaiono impauriti e disorientati.  

E così, riga dopo riga, siamo giunti alla pagina più tetra dei Vangeli: “Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio” (cfr. Luca 23,44). Le tenebre avvolsero il mondo; l’oscurità uscì dagli anfratti del cuore degli uomini e l’ombra prese in ostaggio ogni cosa. Mentre il Dio-con-noi esalò l’ultimo respiro dalla croce sulla quale, crudelmente, lo inchiodammo, scese il buio, quasi a ricordarci che, senza di Lui, non siamo nulla. Scrive l’evangelista san Giovanni: “tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Giovanni 1,3-4). Senza Gesù brancoliamo nel buio. E, il buio, non è abitato da cose buone.

Chi di noi non ha paura del buio? L’abbiamo provata tutti, da bambini. E, qualche volta, ancora oggi, camminare in una strada poco illuminata, da soli, ci fa tornare quella sensazione di brivido dietro la schiena, quel senso di disagio, misto a preoccupazione, che ci spinge a voltarci ad ogni rumore ed affrettare il passo. La stessa paura che spinge i bambini a controllare più volte sotto il letto, o dentro l’armadio, per accertarsi che non ci siano mostri. Che tutto sia tranquillo. Nella notte si è più fragili e vulnerabili. Lo sapevano bene i nostri antenati che si rifugiavano nelle caverne per sfuggire a nemici e predatori. 

Ma che cos’è l’oscurità? E’ assenza di luce. E’ il vuoto che il nostro istinto riempie di paura. Manca qualcosa nel buio: la luce, la sicurezza, la visibilità, la possibilità di apprezzare le forme ed i colori. Nel buio non possiamo vedere, ogni passo diventa più rischioso, perché potremmo inciampare, magari scivolare in un dirupo, o forse finire tra le braccia di qualche malintenzionato che approfitta del favore delle tenebre per compiere i suoi piani criminosi. E così, scopriamo che dove non c’è luce, si nasconde il pericolo. 

Ma nessuno, proprio nessuno, in quel momento, ha capito che quello che stava vivendo non era affatto l’ultimo capitolo del libro di Dio. No. Perché dopo la Croce, sotto la quale ci troviamo anche noi ora, c’è la Risurrezione.

Proprio nel momento più buio, Dio stava preparando la luce migliore. Già, ma il Venerdì Santo la luce ancora non la si scorgeva sulla terra. Per vederla dobbiamo guardare le cose da un’altra prospettiva. Ed è un punto di vista del tutto insolito che vi propongo oggi: andremo a vedere che cosa è accaduto nell’aldilà il giorno che Dio morì (e scopriremo anche che era tutt’altro che defunto).

C’è un passo del Simbolo degli Apostoli, la professione di fede che recitiamo in Quaresima, che ci parla di cosa accadde nell’aldilà, proprio mentre le spoglie mortali di Cristo giacevano inermi sulla terra:

Io credo in Dio Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra;
e in Gesù Cristo, suo unico Figlio…
… patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese all’inferi; il terzo giorno risuscitò da morte…


Vorrei soffermarmi su quel: “discese agli inferi“. Un passo che non troviamo nei Vangeli, ma che viene celebrato dalla Chiesa Ortodossa che dedica anche a questo episodio la tipica icona di Gesù, sceso nell’Ade, che solleva con le due braccia Adamo ed Eva dal sepolcro, liberando così, simbolicamente, l’intera umanità dal peccato. Ancora una volta un testo apocrifo ci dà la possibilità di gettare lo sguardo oltre l’orizzonte. Come sempre, la raccomandazione è quella di leggere queste righe con lo stesso distacco con il quale ci accosteremmo ad un romanzo, senza avere pretesa di trovarci davanti ad un testo autentico in ogni parola. Scopriremo così come, dalla profondità dell’inferno da cui era scaturita quell’oscurità, si percepiva la luce di Cristo.

Leggiamo nel Vangelo di Nicodemo, un testo databile II secolo d.C. che ci è pervenuto in lingua greca, il dialogo tra Satana e Ade (che possiamo identificare come il “guardiano dell’inferno”):

“Venne Satana, l’erede delle tenebre, e disse all’Ade: «O tu che divori tutto e sei insaziabile, ascolta le mie parole! Per un mio artifizio gli Ebrei hanno messo in croce un certo Gesù della stirpe degli Ebrei» (cfr. Nicodemo 4,1). E così il demonio è un reo confesso, perché ammette di essere stato proprio lui a convincere gli Ebrei a condannare a morte Gesù. Poi prosegue lamentandosi: «Nel mondo di sopra, allorché viveva con i mortali, mi ha fatto molto male. Ovunque trovava dei miei servi, li perseguitava, e quelli che io avevo reso storpi, ciechi, lebbrosi, zoppi, o simili, li guariva solo con una parola e diede vita a molti che erano ormai pronti per essere sepolti, solo con la parola» (Ibid.). Guardate, amici cari, come appare il Vangelo visto dall’oltretomba: tutto è capovolto. Racconta l’Ade: «In verità, poco tempo addietro io inghiottii un morto di nome Lazzaro e dopo poco tempo uno di tra i vivi lo strappò dalle mie viscere con la sola parola. Penso che costui sia quello di cui tu hai parlato» (cfr. Nicodemo 4,3). Ecco la risurrezione di Lazzaro vista al contrario!

E ancora:  «Tu sei stato inchiodato alla croce, deposto nel sepolcro, e ora sei diventato libero ed hai sciolto tutta la nostra potenza. Sei tu dunque Gesù del quale ci ha parlato l’archisatrapo Satana e che per opera della croce e della morte sei in procinto di ereditare tutto il mondo?» (cfr. Nicodemo 6,1).

Ma noi sappiamo, amici cari, che le tenebre non vinceranno! (cfr. Matteo 16,18). E così:  “Poi il re della gloria afferrò per il capo l’archisatrapo Satana e lo consegnò agli angeli, dicendo: «Con catene ferree legategli mani e piedi, collo e bocca!». Poi lo diede in potere dell’Ade dicendo: «Prendilo e tienlo fino alla mia seconda venuta!»” (Nicodemo 6,2).

Il buio e la morte non hanno l’ultima parola! Perché la luce vince sempre sulle tenebre! Sulla terra, il Venerdì Santo, è ancora buio, ma laggiù, dove le anime vengono liberate, sfolgora già la Luce della Risurrezione. La vera luce che illumina ogni uomo!

E, dopo tanta oscurità, lascio che a riportarci a casa tra parole di luce sia Papa Francesco. Citerò un suo passaggio dalla Veglia Pasquale del 2020: “Basta aprire il cuore nella preghiera, basta sollevare un poco quella pietra posta all’imboccatura del cuore per lasciare entrare la luce di Gesù”, spiega il Papa: “Basta invitarlo: «Vieni, Gesù, nelle mie paure e dì anche a me: Coraggio!. Con Te, Signore, saremo provati, ma non turbati. E, qualunque tristezza abiti in noi, sentiremo di dover sperare, perché con Te la croce sfocia in risurrezione, perché Tu sei con noi nel buio delle nostre notti: sei certezza nelle nostre incertezze, Parola nei nostri silenzi, e niente potrà mai rubarci l’amore che nutri per noi. Ecco l’annuncio pasquale, annuncio di speranza»”.

#Santanotte amici, Dio illumini sempre ogni istante delle vostre giornate e rischiari ogni passo del vostro cammino. Così, alla sua luce, la vita non ci farà più paura. Dio vi benedica amici cari! 🙂 🙂 🙂

Alessandro Ginotta

Anastasi, affresco della Chiesa di Cristo in Chora a Costantinopoli (Istanbul), Turchia (c.1310-1320).
Anastasi, affresco della Chiesa di Cristo in Chora a Costantinopoli (Istanbul), Turchia (c.1310-1320).

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