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Bisogna correre per arrivare a Dio?

Bisogna correre per arrivare a Dio?

La fede, che Dio ci chiede, è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere

Il mio in(solito) commento a:
L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro (Giovanni 20,2-8)

Dalla Natività alla Risurrezione, la festa di San Giovanni evangelista ci fa compiere un balzo. O forse no? Perché, amici cari, scopriremo che nascita e ri-nascita, non sono altro che due aspetti diversi dello stesso Amore di Dio.

Sì, sembrano tempi così lontani tra loro, ma la Risurrezione testimoniata da Pietro e Giovanni con questa corsa, in verità, sottintende una rinascita, vista come loro risurrezione personale che, in qualche misura, è anche la nostra:

“Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette” (Giovanni 20,4-8). Notiamo come, un modesto ed attento san Giovanni evangelista, pur introducendo l’episodio in cui egli stesso correva a perdifiato accanto a San Pietro, per raggiungere il luogo della Risurrezione, rinuncia ad indicare il proprio nome. È lui il protagonista di questa pagina di Vangelo, ma lo siamo anche noi.

Sì, perché Gesù chiede anche a noi di mettere da parte un po’ del nostro smisurato “io” per riuscire ad accorgerci della presenza di Gesù, viva dentro al sepolcro fatto di preoccupazioni, ansie e peccato, che porta il buio dentro la nostra anima. Dobbiamo saperceli scrollare di dosso, come se fossero il macigno che sigillava la tomba di Cristo. Dobbiamo permettere alla luce del Risorto di entrare nel nostro cuore ed illuminarlo di speranza, di fede, di gioia.

E sarà un po’ il nostro Natale: la ri-nascita della nostra anima! Così, anche i nostri piedi sapranno correre veloci, come quelli di San Giovanni e San Pietro, per portare a tutti la notizia della Risurrezione, insieme al messaggio di speranza di una vita nuova, più piena, più armoniosa, più coraggiosa, più felice, come quella che vive chi ha nel cuore Gesù.

Dovremo anche avere lo stesso spirito di San Giovanni evangelista, per saper riconoscere, in un lenzuolo afflosciato (cfr. v.7), il segno della presenza di Dio e non della sua latitanza.

Sì, amici cari, il Vangelo ci insegna a sperare sempre, anche contro ogni speranza (cfr. Romani 4,16-25). Perché: «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37).

La fede, che Dio ci chiede, è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. E’ una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. E’ una speranza contro ogni speranza.

Dio che ci ha creati dal nulla, per farci simili a Lui. Dio che ha lasciato le comodità dei cieli per incarnarsi e venire a camminare in mezzo a noi, su questa terra malata. Dio che, per noi, ha addirittura versato la sua vita, donandoci pure l’impossibile. Dio che ha risuscitato Lazzaro ed il figlio della vedova di Nain. Dio che ha sfamato una moltitudine di cinquemila uomini spezzando cinque pani e due pesci. Dio che ha ridato la parola ai muti, l’udito ai sordi e la vista ai ciechi. Dio che ha vinto la Croce… Dio può! Si può aiutarci a modificare il nostro destino. Questa è la nostra fede: Lui potrà trasformare il più grave dei problemi in un’opportunità. Dio potrà trasformare la nostra tristezza in gioia. Basterà avere fede in Lui. La fiducia è l’unico requisito che ci viene richiesto.

E allora, l’augurio che faccio a tutti voi, ma anche a me stesso, è quello di saper correre, come Giovanni e Pietro, a portare a tutti la Buona Novella. L’augurio di riuscire a non spegnere mai la fantasia di una fede capace di incontrare Dio in un lenzuolo afflosciato.

Trasformiamoci, noi stessi, in pagine viventi di Vangelo, testimoniando con la nostra stessa vita, con il nostro comportamento, con le nostre scelte, che oltre al buio materialista di questo mondo, esiste anche un futuro di luce e amore. Perché, ad ogni passo, Dio prepara una storia nuova per ciascuno di noi.

#Santanotte amici. Ricordiamo sempre che le cose più belle, non si vedono e non si toccano, ma si sentono. Proprio come l’amore. Proprio come Dio. Dio vi e ci benedica tutti, amici cari.

Alessandro Ginotta

L’immagine di oggi è: “L’ascensione di San Giovanni”, affresco di Giotto, 1320, Santa Croce, Cappella Peruzzi, Firenze

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